KITSCH IN GALLERIA
a cura di spazio milesi e Valerio Paolo Mosco
17 .12 .23

12 autori raccontano il loro “kitsch” in architettura:

Anna Barbara, Cino Zucchi, Cloe Piccoli, Franco La Cecla, Gianni Biondillo, Italo Rota, Luca Molinari, Marco Biraghi, Maria Vittoria Capitanucci, Matilde Cassani, Mirko Zardini, Paolo Conrad-Bercah

Esistono questioni che sono inesauribili, su cui siamo costretti a ipotizzare sempre e comunque nuove argomentazioni e risposte. Il kitsch è tra queste, e lo è anche più del buon gusto che come tale si affida a stilemi e comportamenti ben più canonizzati di quelli del kitsch.

Probabilmente aveva ragione Paul Valery a scrivere che il buon gusto altro non è che la sommatoria, nel tempo, di tanti cattivi gusti e questa trasmutazione di valori è valida specialmente per quel che riguarda l’architettura.

Il tempo trasfigura l’edificio kitsch: ecco come sembrerebbe avvenire questa trasfigurazione. Dapprima, ad edificio appena realizzato, assistiamo allo scandalo del buon gusto offeso, poi lo scandalo si sgonfia e alcuni di coloro che un tempo venivano definiti gli snob, iniziano a trovare “simpatico” (o come scriveva Susan Sontag camp) l’ormai ex edificio kitsch. Il tempo poi renderà questo edificio, o intere parti di città, interessanti, anzi “particolarmente attraenti”.

Oggi si ha l’impressione che due kitsch convivano insieme: il primo è quello ormai “classico”, che si affida a stilemi e forme ormai da anni patrimonio comune.

Ad esso si aggiunge un altro kitsch, meno evidente e più subdolo, capace persino di travestirsi da buon gusto.

Ma questa è solo un’ipotesi, del tutto confutabile. Proprio in ragione della labilità del giudizio di gusto su ciò che è kitsch e su ciò che non lo è, specialmente per quel che riguarda l’architettura, abbiamo deciso con Gianluca Milesi di sentire l’opinione di alcuni che vengono da una città, Milano, da tempo infatuata dal buon gusto che è stata capace, va ricordato, di ribellarsi ad esso con una sapiente dose di kitsch.